Il mondo del lavoro alla ricerca dei punti di forza dei propri collaboratori

punti-di-forzaSarà capitato anche a voi di incrociare un questionario con queste tematiche; se così non fosse questa è l’occasione per riflettere e trovare qualche informazione in più. Difficilmente alle persone piace parlare dei propri punti di forza in ragione del fatto che spesso si fatica a riconoscerli ancora di più se si parla di talenti. Il grande successo dei manuali di auto- aiuto hanno fatto sì che molte persone si siano convinte della possibilità di diventare competenti in qualsiasi cosa lavorando molto sulle aree di debolezza.

In realtà si è visto che le persone che hanno ottenuto maggior successo nella vita e nella propria carriera lavorativa non hanno fatto altro che riconoscere e sviluppare i propri talenti. In merito ai punti deboli hanno imparato a gestirli senza forse preoccuparsi troppo di migliorarli. (Clifton e Anderson 2001-2002)

Il riconoscimento dei nostri punti di forza produce effetti importanti sul nostro sviluppo personale e di carriera: incoraggia a porre una attenzione particolare alla nostra vita lavorativa e non solo, riduce lo stress, migliora la resilienza e l’ottimismo, influisce sulla fiducia, ci rende più attivi ed energici e tutto questo incanala energie che alimentano l’impegno impiegato al raggiungimento dei nostri scopi, consapevoli di aver realizzato quanto ci si era prefissato.

Ci sono tre approcci alla caratterizzazione dei punti di forza:

  • “Value in Action” (VIA) classificazione dei punti di forza e delle virtù (Peterson e Seligman 2004)
  • “Strengths finder” della Gallup
  • “Realise 2 “ programma del CAPP (Center for Applied Positive Psychology Four”.

Ora una breve riflessione sui pareri circolanti dei teorici che, a parte le discordanze sulle classificazioni e concetti diversi, sono totalmente favorevoli a considerare i punti di forza un approccio positivo nell’ambito lavorativo, mentre qualche criticità esiste ed emerge ad esempio dal fatto che nei questionari ad esempio non compaiono parole come moderazione, consapevolezza di sé, pazienza o spontaneità.

Inoltre conoscere i criteri adottati e con quali modalità sono stati scelti. Infine dalle risposte dei questionari sono emersi risultati che esprimono una proiezione del proprio pregiudizio. Il confronto con persone che ci conoscono possono dimostrare che quello che noi pensiamo di noi stessi a volte non è ciò che appare agli altri con funzione di correttori.

La teoria dei punti di forza si pone in contraddizione con un’altra teoria sempre appartenente alla psicologia positiva che si basa sul concetto Mindset (Dweck 2006).

Questa teoria sostiene che credere che le proprie capacità siano fissate alla nascita, quand’anche a livello molto elevato, conduce inevitabilmente a una risposta di impotenza in caso di fallimento, e alla cessazione di ogni sforzo allorché l’obiettivo si dimostri più difficile da raggiungere di quanto si credesse” (Boniwell 2015).

Il mindset si contrappone al mindeset dinamico/flessibile che riconosce le persone in grado di modellarsi e capaci di adattarsi al cambiamento quindi di affrontare un insuccesso con padronanza. La ricerca eccessiva della propria perfomance comporterebbe anche rischi di estremismi pericolosi per cui è auspicabile come sempre una certa moderazione ed equilibrio interiore per il bene di se stessi e chissà forse… di tutti.